Gli Holy Shire sono una formazione italiana che propone un symphonic power metal arricchito da elementi folk e con la particolarità inoltre di avere in formazione due voci, entrambe femminili, che sono impostate su due diversi registri vocali. Il loro ultimo album, "Invincible", è un ottimo prodotto, consigliato agli amanti del genere e anche a coloro che dal metal vogliono soluzioni inusuali e particolari.
1. Ciao, presentate la vostra band ai nostri lettori!
Ciao a tutti! Gli Holy Shire sono una band symphonic-fantasy metal nata a Milano nel 2009. Uniamo elementi sinfonici, power e folk metal con testi ispirati a mitologia, letteratura e fantasy, in particolare l’universo di Tolkien. La nostra formazione è composta da sette musicisti, con due voci femminili (Erika e Julie), chitarre (io e Mattia), basso (Damiano, entrato da poco nella band), flauto traverso (Kima) e batteria (The Maxx). Siamo molto attivi dal vivo e puntiamo a offrire un’esperienza musicale coinvolgente e cinematografica, sia su disco che sul palco.
2. Processo compositivo. Parliamone un po’.
Di solito partiamo da un’idea musicale o tematica portata da uno di noi — in Invincible, molte idee sono nate da Mattia e Maxx — e poi costruiamo insieme la struttura del brano. L’arrangiamento orchestrale e le armonizzazioni vocali sono frutto di un lavoro di gruppo molto attento, dove ogni strumento e ogni voce ha un ruolo preciso. In studio ci siamo affidati a Frank Altare (Orion Recording Studios), che ci ha aiutati a valorizzare ogni dettaglio.
3. Testi: chi li scrive e cosa trattano?
I testi nascono principalmente dal lavoro collettivo tra le cantanti. Ci ispiriamo a mitologia, fantasy, ma anche a temi universali come il potere, la trasformazione, la perdita o la rinascita. In Invincible parliamo di Medusa, Re Theoden, Dagon, e anche della Sirenetta in una chiave dark, più fedele alla narrazione originale. Raccontare storie e farle vivere agli ascoltatori per noi è sempre centrale: ogni canzone è un piccolo mondo da esplorare.
4. Cosa pensate di offrire in più sul palco rispetto al lavoro in studio?
Il live è la nostra dimensione più autentica. Sul palco si aggiunge l’impatto visivo, l’interazione tra le due voci, la presenza scenica e l’energia diretta del pubblico. Il flauto dal vivo dà ancora più personalità al sound, e anche noi strumentisti ci muoviamo per rendere ogni esibizione viva e dinamica. Rispetto allo studio, il live è più “fisico”, più emotivo, più reale.
5. Come valutate la scena rock e metal italiana di oggi?
C’è una buona dose di talento, ma anche tanta difficoltà a emergere. Il pubblico, seppur non numerosissimo in termini assoluti, è sempre presente, ma spesso manca il supporto strutturale al movimento: pochi spazi, poche risorse, tanta competizione, a volte anche fine a sè stessa. Nonostante tutto, c’è una scena viva, fatta di passione e determinazione, e noi siamo orgogliosi di farne parte. Il metal in Italia è ancora una nicchia, ma è una nicchia che resiste e crea cose bellissime.
6. Quali obiettivi volete raggiungere ancora con gli Holy Shire che pensate siano ancora possibili da raggiungere?
Vogliamo portare Invincible il più lontano possibile, suonare all’estero, partecipare a festival importanti e consolidare la nostra presenza nella scena europea. Ma il vero obiettivo è continuare a creare musica che ci rappresenti, restando fedeli al nostro stile e coinvolgendo sempre nuovi ascoltatori.
7. Come rapportate il vostro ultimo album, “Invincible”, rispetto ai precedenti? Quali sono le differenze più grandi?
Invincible è il nostro lavoro più maturo. Rispetto a Midgard e The Legendary Shepherds of the Forest, ha un sound più compatto e potente, ma anche più emotivo. L’arrivo di nuovi membri, come Julie e Mattia prima, e Ste in seguito, ha portato nuove influenze e nuove idee, e il ritorno a due chitarre ha arricchito molto la dinamica dei brani. Anche il lavoro sulle voci è stato più raffinato e profondo.
8. Quali sono le band che più vi hanno influenzato?
Sicuramente Nightwish, Blind Guardian, Epica, ma anche compositori come Hans Zimmer e Howard Shore. Le influenze però sono tantissime dal power, all’epic, al metal più moderno. Questa varietà crea il nostro sound stratificato e personale.
9. Meglio il metal di una volta o quello di oggi? E come se la passa l’Italia secondo voi?
Il metal di una volta ha una magia intramontabile, ma quello di oggi ha forse una maggiore varietà e libertà espressiva, che è sicuramente una caratteristica apprezzabile. In Italia ci sono ottimi musicisti e band valide, ma spesso poco supportate. Tuttavia, vediamo sempre più attenzione anche per i progetti alternativi o originali: c’è speranza, ma bisogna lavorare duro.
10. Che programmi avete in questo periodo e per il futuro?
Stiamo suonando Invincible dal vivo il più possibile ed al contempo adesso siamo in una temporanea fase di raccolta delle idee per il prossimo disco.
11. Pensate che in futuro userete ancora strumenti particolari come il flauto? E come vi immaginate che suonerà il vostro prossimo album?
Assolutamente sì. Il flauto traverso di Kima è parte integrante del nostro sound. Non è solo un vezzo folk, ma una voce melodica a tutti gli effetti. Il prossimo album sarà coerente con Invincible, ma magari più oscuro, più sperimentale in alcuni punti. Siamo curiosi di vedere dove ci porterà l’ispirazione.
12. Abbiamo finito, i saluti finali a voi.
Grazie per l’intervista e per l’interesse verso la nostra musica! Salutiamo tutti gli ascoltatori, i curiosi e chi ancora deve scoprirci: vi invitiamo ad ascoltare Invincible e a seguirci live. La nostra musica è fatta per essere vissuta… ci vediamo sotto il palco!
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